Dal ritrovamente di un esemplare di operaia di Vespa velutina a Ludiano lo scorso autunno, la FTA si è contraddistinta per il suo prolungato silenzio sull’argomento (incluso il sito apicoltura.ch), rotto solo dalla recente convocazione di una serata informativa. Questo non ha mancato di sorprendere, e preoccupare, un buon numero di apicoltori che a oggi ancora non sanno se si stia sviluppando una strategia di controllo e quale essa sia.

Ci si sarebbe aspettati che si diffondessero almeno delle informazioni, se non sulla linea di approccio almeno sulla biologia della vespa (fondamentale per comprenderne il comportamento) a tempo per il risveglio delle regine dall’ibernamento invernale, ma la scadenza è scaduta invano dal momento che abbiamo già avuto diversi giorni con le temperature superiori ai 12-13° indicati nella letteratura come favorevoli ai primi voli delle vespe.

Poiché anche solo il monitoraggio della presenza della vespa comporta il coinvolgimento degli apicoltori locali, sembrerebbe che la strategia a cui si pensa sia essenzialmente quella di non fare nulla almeno finché non si verificano attacchi agli apiari. Il che è piuttosto sconcertante per almeno due ragioni.

La prima concerne il monitoraggio.Rinunciando a monitorare il fenomeno finché è localizzato in un raggio ristretto impedisce di farsi un’idea della potenziale ampiezza del problema, che sarebbe invece una condizione essenziale per cercare di limitarne le conseguenze. Una delle caratteristiche accertate della Vespa velutina è che al risveglio di fine inverno le regine feconde (le uniche che sopravvivono all’inverno: maschi e operaie muoiono ai primi freddi) per recuperare le forze dapprima cercano nutrimenti zuccherini nei dintorni del nido dove sono nate (quindi presumibilmente non lontano dal luogo del ritrovamento). Poi, dopo qualche tempo, almeno una parte di loro migra alla ricerca di altri siti di nidificazione.

image1vespa velutina succhia il nettare di un fiore di cameliaLe distanze percorse sono di 20-30 km, con punte registrate fino a 70 km. Evidentemente è molto più facile cercare le vespe prima che si disperdano su un territorio che potenzialmente potrebbe coprire l’intero cantone.

Difficile anche capire perché in questo momento non sia coinvolta la popolazione: in questo periodo le vespe concentrate attorno a Ludiano stanno bottinando nettare dai fiori; secondo i francesi (che conoscono la vespa da più di tre lustri) hanno una predilezione per i fiori a corolla larga e in particolare le camelie primaverili, per cui avrebbe senso chiedere ai proprietari di queste piante nei dintorni di Ludiano di dare un’occhiata.

Più avanti, le vespe cominceranno a costruire i nidi primari, spesso in luoghi abitati: sotto cornicioni, stalle, portici.

 

Questi nidi hanno una forma facilmente riconoscibile in particolare nelle prime fasi https://www.youtube.com/watch?v=6yWAU83hTDs, e la loro rimozione è certamente più facile di quanto non possa essere cercare e distruggere i nidi principali che le vespe andranno a costruire in cima agli alberi —cosa che nel nostro territorio boschivo e impervio costituirà certamente un problema.

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nido primario di vespa velutina nelle prime fasi di costruzione

 

Questo solleva le prime domande: perché non lo si fa? E anche ritenendo che l’approccio migliore alla Vespa sia quello di trovare e distruggere i nidi, come fare a sapere dove c’è un problema se non si monitora la presenza del predatore? Il secondo motivo di sconcerto riguarda i tentativi di controllo della vespa e della sua espansione.

Uno dei metodi considerati nelle pratiche di gestione è quello del trappolaggio primaverile, mirato appunto a catturare le regine prima che nascano le prime operaie.

Vi sono due scuole in proposito. Una (da noi, in particolare, il Servizio Sanitario Apistico) è contraria a questa pratica, in base a due argomenti. Il primo è che trappole poco selettive catturano anche diversi altri insetti (la percentuale di regine costituisce solo il 2-3% delle vittime delle trappole), e costituiscono dunque una minaccia per la biodiversità. Il secondo è che le regine sopravvissute all’inverno sono in fiera competizione tra loro, il che costituisce da solo un elemento limitante l’espansione.

Questi argomenti sono soggetti a due critiche: una, piuttosto ovvia, è che si possono usare trappole selettive, che ovviamente sono già state sviluppate da chi, da anni, è confrontato col problema, in particolare i francesi. Il modello Jabeprode, in particolare, è calibrato esattamente sulla misure delle regine di velutina: l’entrata è troppo stretta per i nostri calabroni, mentre le vie di fuga praticate nella trappola permettono l’uscita degli insetti più piccoli ma non delle velutine.

La seconda è che tutti i dati usati per affermare che l’efficacia delle trappole è limitata sono da un lato di dubbia validità, e dall’altra si riferiscono tutti a situazioni in cui la vespa è già stabilita sul territorio (una rassegna dei dati a disposizione fino al momento della pubblicazione si trova in S. Bunker, The Asian Hornet handbook, Psocid Press, 2019, pp. 104-109).

I dubbi sulle correlazioni tra trappolaggio e numero di nidi ritrovati in autunno nascono dal fatto che, quando si studia il problema, si sta particolarmente attenti a cercare tutti i nidi del territorio, mentre se non si effettua il trappolaggio non ha molto senso perlustrare i boschi per contare esattamente i nidi. Éric Darrouzet (Università di Tours), nel suo libro Le Frelon Asiatique.

Un redoutable prédateur (SNA, 2019) conclude che “non ci sono studi scientifici che dimostrano l’efficacia del trappolaggio primaverile, ma neanche la sua inefficacia” (p. 154).

La seconda questione è più seria: applicare ad una situazione diversa (vespa in corso di insediamento) dei dati (forse) validi per una situazione specifica (vespa già insediata) potrebbe comportare un serio errore metodologico. In particolare, quando c’è un territorio nuovo da conquistare la pressione selettiva sulle regine da parte delle sorelle è minore che non in un territorio già densamente occupato da altre colonie.

Finché non ci sono dati paragonabili alle nostre condizioni attuali di territorio con una popolazione che tenta di insediarsi, non si possono invocare dei dati relativi ad altre situazioni. Un dato in Svizzera l’abbiamo, ed è la storia di un trappolaggio che ha dato esito positivo: la prima vespa ritrovata in Svizzera, nel Giura, è appunto stata una regina catturata in una trappola posta da un apicoltore locale.

Siccome quella regina era l’unica arrivata, l’apicoltore ha di fatto risolto (almeno temporaneamente) il problema. L’approccio alternativo, basato sul trappolaggio primaverile come metodo di controllo della densità e dell’espansione delle popolazioni di calabroni asiatici, è proposto da numerose associazioni di apicoltori ma anche da istituti di ricerca universitaria, in particolare in Italia.

Tra gli apicoltori, il Syndicat National d’Apiculture francese ha lanciato quest’anno una campagna nazionale di trappolaggio primaverile a tappeto (https://www.labeilledefrance.com/plan-national-lutte-frelon-asiatique-par-frank-aletru/ ), anche sulla base del fatto che, se è vero che anche con trappole selettive qualche vittima innocente c’è sempre, la predazione di un nido di velutina ha effetti ben peggiori sulla biodiversità, visto che tra le sue 20'000 prede all’anno circa il 40% non sono api mellifere ma api selvatiche, piccole vespe e altri insetti.

Ma non sono solo gli apicoltori a suggerire le trappole primaverili come metodo di controllo. Anche i due consorzi accademici italiani che si occupavano del problema su mandato ministeriale e, rispettivamente, europeo, suggeriscono sui loro siti che non solo gli apicoltori ma anche i cittadini delle zone affette dal problema partecipino alle campagne di trappolaggio, sia per monitorare il fenomeno al fine di poter intervenire in modo tempestivo, che per contribuire a controllarlo.

Il consorzio che ha costituito la rete StopVelutina, formato dalle università di Pisa e Firenze, dal CRA Api e da Apiliguria, spiega come costruire le trappole (http://www.stopvelutina.it/richiedi-una-trappola/) e indica che “Il momento migliore per posizionare trappole è la primavera, quando cominciano a volare le regine che vogliono fondare una colonia. Oppure alla fine dell’estate o l’inizio dell’autunno, quando le trappole intercettano le nuove regine appena nate” (http://www.stopvelutina.it/cosa-fare/ ) .

Similmente, anche il gruppo di lavoro https://www.vespavelutina.eu costituito dall’università e dal politecnico di Torino unitamente ad Aspromiele Piemonte invita a costruire e sistemare trappole specificando che “Il periodo migliore per posizionare le trappole per calabroni è tra Febbraio e Maggio, così  da cercare di catturare le regine; da agosto in poi sono comunque utili per rilevare la presenza della specie in nuove aree”. Sia dal punto di vista pratico che da quello teorico, dunque, le indicazioni sull’approccio da seguire non sono monolitiche.

vespafiori di cui si nutre la Vespa velutina: Eleutherococcus sp., Canna generalis, Elaeagnus multiflora, Elsholtzia ciliate, Fagopyrum esculentum, Eriobotrya japonica, Camellia sasanqua, C. japonica x sasanqua, and C. sinensis. Immagine tratta da T. Ueno, Flower-Visiting by the Invasive Hornet Vespa Velutina Nigrithorax (Hymenoptera: Vespidae), International Journal of Chemical, Environmental & Biological Sciences (IJCEBS) Volume 3, Issue 6 (2015) per gentile concessione dell’autore.Vista la nostra situazione specifica, quella di un territorio in corso di conquista da parte della vespa, e vista la scarsità di dati pertinenti al nostro problema, anziché applicare (senza nessuna garanzia) le conclusioni relative a premesse completamente diverse occorre agire nel modo più prudenziale possibile, tenendo conto dell’enorme danno che la vespa lasciata libera di installarsi causerà all’apicoltura e alla biodiversità (inizialmente dell’alto Ticino, in seguito di tutto il Cantone). Come minimo occorre monitorare molto finemente per seguire lo sviluppo del problema ed essere in grado di intervenire il più precocemente possibile, in particolare cercando i nidi qualora si catturassero delle operaie, contando anche di catturare il numero più alto possibile di vespe fertili per cercare di controllarne l’espansione.

Qualsiasi decisione venga presa, comunque, va discussa con tutti gli interessati (apicoltori in primis) sulla base della conoscenza di tutti i dati e di tutte le argomentazioni, non da un gruppo ristretto di persone sulle basi di una visione univoca che, allo stato attuale delle conoscenze scientifiche e delle pratiche di gestione, non può essere data per scontata —e non perché gli apicoltori vogliono esercitare in qualsiasi modo il loro pur sacrosanto diritto di difendere le proprie api da una gravissima minaccia, ma perché la posizione opposta è comunque sostenuta anche da gruppi di ricerca che non si possono liquidare come incapaci di riflettere su tutti gli aspetti del problema —tanto più che loro il problema lo conoscono meglio di noi, avendo esperienza pluriennale di gestione della vespa, familiarità con le possibilità concrete di rintracciare a tempo i nidi e esperienza nel trappolaggio sia a scopi di controllo che di monitoraggio.

 

Daniele Besomi

 

 

 

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