D’inverno raramente gli apicoltori aprono le arnie, se non per eseguire i trattamenti ; anche in tal caso, frequentemente non controllano lo stato della famiglia ma si limitano a sgocciolare l’acido ossalico. Eppure una condizione essenziale perché i trattamenti funzionino è l’assenza di covata: se non si controlla, ci si affida a all’idea molto diffusa che le api cessino di allevare larve verso la metà di novembre e riprendano solo all’inizio della primavera. Tuttavia, gli studi effettuati in proposito mostrano che quest’idea è poco fondata e che la realtà è ben diversa. Questo articolo presenta l’evidenza raccolta dagli studiosi, e la corrobora con le osservazioni effettuate nel Luganese sullo stato della covata nel corso degli inverni 2016-17 e 2017-18. 

Uno studio effettuato nel clima molto rigido del Connecticut tra il 1971 e il 1974 sembra confermare l’idea che il periodo con minore estensione di covata è a cavallo tra fine novembre e l’inizio di dicembre. I risultati si riassumono nel grafico seguente, che rappresenta la media dei dati relativi a 76 arnie (18 ciascun anno). La linea continua indica il numero di api adulte, mentre la linea tratteggiata riporta in numero di celle di covata, dalle uova alla pupa. Il conteggio è stato effettuato, cella per cella e ape per ape, uccidendo col cianuro una colonia alla volta.  Le celle di covata occupate erano un centinaio a metà novembre, circa 200 in dicembre, con una ripresa molto veloce da inizio gennaio. I dati di dettaglio, elencati scrupolosamente, mostrano una sola settimana in cui tutte le arnie controllate (4) erano senza covata, quella a cavallo tra fine novembre e inizio dicembre. In tutti gli altri periodi, almeno un’arnia su 4 presentava covata; da inizio gennaio, tutte le famiglie producevano uova, larve e pupe. 1

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Un altro studio è stato condotto da Edward Jeffree ad Aberdeen, in Scozia, dove le condizioni climatiche sono più temperate (la temperatura media durante l’inverno è molto simile a quella di Lugano). Il metodo d’indagine è stato molto meno distruttivo: tra il 1945 e il 1954 l’autore ha aperto le arnie ad ogni occasione possibile, per un totale di 357 ispezioni tra settembre e marzo, fotografando ciascun telaino ed in seguito misurando l’estensione delle celle di polline e di covata. Ciascuna arnia ha dunque potuto essere esaminata diverse volte nel corso dell’inverno, tra 2 e 7. I risultati complessivi sono riassunti nella seguente tabella:

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Il quadro che ne risulta è piuttosto diverso dal precedente. Il mese in cui l’estensione di covata è al minimo è ottobre, seguito da novembre; in questi mesi l’estensione media occupata da uova, larve e pupe è di 13 cm 2 , cioè una rosa di 3 cm di diametro. In ottobre solo il 14% delle famiglie depone, a novembre un quarto delle arnie hanno covata. In dicembre e gennaio oltre il 50% delle colonie ha covata, a febbraio e marzo vi è deposizione praticamente in tutte le colonie. Potendo seguire lo sviluppo della medesima colonia nel corso dell’anno, l’autore ha potuto accertare che in diversi casi la covata non si arresta a un certo punto per poi riprendere e continuare nel resto della stagione, ma si ferma e riprende anche più volte nel corso dell’inverno. 2

Un terzo studio ha proseguito tra il 1974 e il 1976 l’indagine precedente, con la medesima metodologia. Bernard Möbus conferma con ulteriori osservazioni il risultato appena esposto, secondo cui in una famiglia o nell’altra un po’ di covata si trova in ogni mese dell’inverno, e la covata spesso non è soggetta a un unico, prolungato arresto per poi riprendere dopo qualche mese ma si arresta più volte per periodi più o meno prolungati e poi riprende. Lo studioso non si è limitato ad annotare se vi fosse covata oppure no, ma ha registrato separatamente la presenza di uova, larve e pupe in modo di poter evidenziare interruzioni di breve durata. Per esempio, se in un’arnia si trovano uova e pupe ma non larve, significa che la covata si è interrotta per almeno 6 giorni.

L’autore ha anche misurato l’ampiezza della covata e misurato il consumo di cibo. In diverse famiglie la covata ha superato i 1'000 cm 2 , equivalenti a 4'000 celle, con un massimo di circa 10'000 celle.  

Le osservazioni del 1974/75 indicano che il periodo con meno covata è l’inizio di novembre (confermando sostanzialmente il risultato di Jeffree), mentre i dati del 1975/76 indicano la maggiore assenza di covata alla fine di novembre. Molte colonie sono state soggette a blocchi intermedi.

A partire dalla fine di dicembre, nella maggior parte dei casi era presente covata, di nuovo in accordo coi risultati dello studio precedente; questa covata è stata iniziata ben prima del solstizio invernale, contrariamente all’opinione diffusa che sia proprio l’allungarsi delle giornate a stimolare la ripresa. Brevi blocchi di covata sono più frequenti verso primavera, quando le api hanno più possibilità di uscire per i voli di depurazione. Tuttavia, nonostante tutte le colonie fossero soggette alle medesime condizioni ambientali, non sembra esserci una regola universale per la cessazione e la ripresa della covata, che invece è specifica a ciascuna colonia. 3

Fattori che influenzano gli arresti e la ripresa di covata

L’arresto della covata in autunno dipende essenzialmente dal diminuire delle importazioni di polline. Ma rimangono aperte due questioni: quali sono i fattori che ritardano o anticipano la sospensione autunnale della covata? E cosa determina le riprese di deposizione in pieno inverno? Alla prima domanda risponde uno studio di Free e Racey, basato su 149 colonie in 13 apiari nell’Hertfordshire (una settantina di Km a nord ovest di Londra). Gli autori hanno messo in relazione la dimensione della covata a metà ottobre con due fattori: l’età delle regine e il numero di api presenti. Ne è risultato che le regine più vecchie tendono a cessare la deposizione più precocemente rispetto alle regine giovani. Per quanto riguarda la forza di un popolo, meno api ci sono, tanto più è necessario produrne per arrivare ad un numero che permetta lo svernamento, mentre se ce ne sono già molte la covata può anche cessare presto. Si noti che questo fattore può essere influenzato da malattie e parassiti: tanta più varroa c’è, tanto più debole sarà la famiglia e tanto più le api prolungheranno la covata nel tentativo di compensare con nuove api quelle malate, permettendo dunque alla varroa di moltiplicarsi più a lungo ed aumentando la probabilità che i trattamenti alla cieca cadano su covata opercolata.

Questi fattori, dunque, contribuiscono a spiegare perché all’interno del medesimo apiario ci possono essere divergenze anche notevoli nella tempistica. 4

Un fattore che invece non è direttamente influente sulla cessazione della covata è la temperatura. I dati relativi alle mie arnie nel 2016 illustrano bene la mancanza di relazione. In quell’anno la covata è cessata completamente in tutte le arnie tra il 4 e il 18 ottobre.

Ciò significa che l’ultima deposizione è avvenuta tra il 13 e il 27 settembre, 21 giorni prima. In quel periodo il tempo è sempre stato bello salvo 2 giorni, con temperature notturne attorno ai 10° (minima 8.8°), temperature diurne tra 17 e 22°, e temperature medie giornaliere attorno ai 14° (minima a 11.8°). 5 Le condizioni meteorologiche hanno naturalmente un’influenza indiretta anche se non immediata, in quanto contribuiscono nel medio termine a determinare quanto polline possono portare le ultime fioriture.

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La ripresa della deposizione in pieno inverno risponde ad una necessità fisiologica che nasce anch’essa dallle condizioni interne all’arnia.

Nel glomere, le api scaldano per mantenere una temperatura che permetta la sopravivenza: tra 20 e 30° al centro del glomere (solitamente più vicino a 30°), e decrescendo fino attorno ai 7–9° nel manto isolante che le api costituiscono stringendosi densamente tra loro alla periferia del glomere. Per scaldare, le api devono consumare zuccheri e trasformarli in energia.

Questo processo di combustione produce come residui anidride carbonica e acqua: in particolare, ogni grammo di zucchero consumato produce 0.68 grammi di acqua. Meno del 10% di quest’acqua è dispersa per evaporazione (in particolare, al centro del glomere), 6 ma il resto viene accumulato nell’intestino delle api. Le api hanno dunque il problema di liberarsene. Se il tempo è bello e relativamente caldo possono uscire per dei brevi voli di depurazione, ma se ci sono diversi giorni di tempo brutto o freddo la situazione inizia diventare scomoda. L’allevamento di larve aiuta le api a risolvere il problema: da un lato, la produzione di pappa reale assorbe parte del liquido in eccesso; dall’altro, l’aumento della temperatura del glomere fino a 33-35° aumenta l’evaporazione.

La covata è dunque una possibile risposta a periodi prolungati sfavorevoli al volo. 7 I dati del Luganese Fin qui gli studi effettuati altrove. Nel corso degli ultimi due anni abbiamo raccolto le osservazioni effettuate dagli apicoltori del Luganese sullo stato della covata in autunno, ed esaminato i dati dell’inverno 2017-18 relativi alla temperatura delle arnie di un apiario per inferirne la presenza o assenza di covata, confermando essenzialmente la situazione rilevata in Scozia.

Gli apicoltori che aprivano le arnie tra ottobre e novembre 8 sono stati invitati a indicare se fosse presente o meno covata fresca (che indica che la regina sta ancora deponendo) e covata opercolata (che in assenza di covata fresca indica che la deposizione è cessata ma che occorre ancora qualche tempo, fino a un massimo di 12 giorni, per lo sfarfallamento completo). I dati sono riassunti nelle seguenti tabelle: 9

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I dati complessivi mostrano che nel 2016 la covata era essenzialmente cessata verso la fine di ottobre; le casse attive a metà novembre era tutte nel medesimo apiario, situato in una zona con clima particolarmente mite.

Nel 2017 la situazione è stata un po’ diversa: a fine ottobre erano completamente ferme solo i tre quarti delle colonie; anche in questo caso, però, le famiglie che ancora deponevano attivamente erano concentrate in tre apiari. Agli apicoltori che hanno partecipato all’inchiesta è stato chiesto cosa caratterizzasse le famiglie che mantenevano ancora covata quando le altre avevano già smesso: salvo l’eccezione citata sopra dell’apiario con clima locale mite, che permetteva ancora qualche fioritura tardiva, le altre colonie con regine in deposizione o erano famiglie piccole (per esempio nuclei formati tardivamente), o avevano regine molto giovani, o entrambe le cose.

La particolarità più interessante delle osservazioni 2017 è che già a inizio novembre in 9 colonie di 3 apiari diversi si era registrata una ripresa della covata: uno a 600 metri, due a 900 metri di quota.

Ciò suggerisce che anche da noi covate che cessano e riprendono a intermittenza sono casi possibili e neanche rari. Le registrazioni delle temperature nel mio apiario situato a 900 msm confermano questo andamento. I dati sono rilevato manualmente (salvo due colonie che sono monitorate in modo continuo tramite il sistema Beepro.ch), con lettura ogni 2 giorni prima del sorgere del sole.

Temperature minori di 30° su entrambi i sensori sono interpretate come indicanti assenza di covata; si tratta di una stima per difetto, perché è possibile che i sensori siano finiti fuori dal centro del glomere. Temperature superiori ai 30° per un periodo di almeno una decina di giorni continuati indicano invece con forte probabilità la presenza di covata; si può esserne praticamente certi quando le temperature superano i 32°.

Occasionalmente le arnie sono state aperte, anche in pieno inverno, per verificare se quanto suggerito dai termometri corrispondesse all’osservazione visiva, e la risposta è sempre stata positiva (5 verifiche). Nel grafico che segue ciascuna linea rappresenta la presenza di covata alle date indicate sull’asse orizzontale. Ne risulta, in primo luogo, che il periodo con minore presenza di covata è stata la seconda metà di ottobre, con 2 famiglie in deposizione sulle 22 monitorate.

La seconda osservazione è non c’è stato un solo giorno in cui tutte le colonie erano in pausa di deposizione.

Terza osservazione: nella prima metà di novembre 4 famiglie hanno ripreso la deposizione; verso natale le famiglie attive erano 9, a metà gennaio erano 14.

Quarta osservazione: mentre diverse famiglie dopo aver ripreso la deposizione hanno continuato senza interruzione, alcune hanno invece sospeso per qualche tempo l’allevamento di covata, in piano inverno o in seguito al freddo intenso e prolungato di febbraio che ha impedito alle api di rimpolpare le scorte di polline, ormai esaurite dopo per aver nutrito le larve per diverse settimane a dicembre e gennaio.

Quattro famiglie (il 18% del totale) hanno ripreso e interrotto la deposizione più volte (quelle indicate coi numeri 6, 11, 13 e 14). Infine: tutte le famiglie hanno, almeno una volta, cessato la deposizione: alcune per un periodo prolungato (da principio ottobre a metà marzo), altre solo per pochi giorni.

 

 

1 A. Avitable, Brood Rearing in Honeybee Colonies from Late Autumn to Early Spring, Journal of Apicultural Research, 1978, 17:2, pp. 69-73
2 Edward P. Jeffree, Winter Brood and pollen in honeybee colonies, Insectes Sociaux, September 1956, Volume 3, Issue 3, pp. 417–422.
3 B. Möbus, Brood rearing in winter, in Apimondia, The XXVII-th international congress of apiculture. Athens, 1979, Bucarest: Apimondia, 1980; e Brood rearing in the winter cluster, in American Bee Journal, Luglio 1988.
4 Free e Racey, The effect of the size of honeybee colonies on food consumption, brood rearing and the longevity of the bees during winter, in Entomologia Experimentalis et Applicata 11(2), 1968, pp. 241 – 249.
5 Temperature registrate da beepro.ch
6 Toomema e altri, Determining the amount of water condensed above and below the winter cluster of honey bees in a North-European Climate, Journal of Apicultural Research 52(2), 2013, pp. 81–87.
7 Möbus, contributi citati; e S. W. Omholt, Why Honeybees Rear Brood in Winter. A Theoretical Study of the Water Conditions in the Winter Cluster of the Honeybee Apis mellifera, Journal of Theoretical Bioogy, 1987, vol. 128, pp. 329–337.
8 Si tratta di un campione auto-selezionato, e pertanto non rappresentativo. Nel 2017 hanno anche partecipato due apicoltori del Mendrisiotto; qualcuna delle arnie si trova in Malcantone.
9 Per gli originali anonimizzati vedi https://tinyurl.com/fine-covata-luganese.

 

Daniele Besomi

 

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