Care apicoltrici e cari apicoltori,

l’inverno appena trascorso ha lasciato dietro di sé una scia di morte. Il nostro sondaggio sezionale non lascia margine per speculazioni: ad oggi la media delle perdite si attesta intorno al 40%. Purtroppo - soprattutto nella zona del Mendrisiotto - si sono registrate punte dell’ 80%. A questa sfida ora potrebbe aggiungersene un’altra: il ritrovamento di un’operaia di calabrone asiatico (vespa velutina) nell'ottobre 2020 in Val di Blenio lascia presagire nuove difficoltà e minacce per noi e per le nostre api.

Il gruppo di lavoro sugli organismi alloctoni invasivi (GLOAI) - che conta anche un nostro rappresentante della direttiva - con la collaborazione di un esperto esterno ha deciso che la strategia di monitoraggio della vespa velutina si espliciterà attraverso la posa di trappole nel corso dell'autunno 2021 nella zona del ritrovamento. Questa decisione è stata comunicata in anteprima ai presidenti sezionali; la divulgazione a tutti è prevista tramite comunicazione sul prossimo numero della rivista “L’Ape”. 

Il nostro comitato sezionale si è riunito e ha deciso di prendere posizione in merito.

Riteniamo che, alla luce della biologia della vespa velutina, un trappolaggio in autunno possa essere tardivo. La collocazione di trappole selettive da parte degli apicoltori locali in primavera, mentre le vespe cominciano a uscire dal nascondiglio invernale, potrebbe fare la differenza. Sia per ridurre il numero delle regine di velutina sia per monitorare attivamente lo sviluppo della situazione. In questo senso caldeggiamo la pronta posa di trappole.

Abbiamo pubblicato qui un articolo redatto da un nostro apicoltore (Daniele Besomi) che analizza, sulla base della letteratura recente sulla velutina, i pro e i contro dei diversi approcci al problema.
 
 
Crediamo che dopo aver letto questo contributo i nostri apicoltori non avranno più dubbi su quale linea d’azione adottare. Magari non vinceremo la prima battaglia (e in questo bisogna essere piuttosto fortunati) ma almeno potremo dire di averci provato. Invitiamo i nostri apicoltori a restare vigili, perché le vespe possono nidificare anche a grandi distanze dal nido dell’anno precedente, e a diffondere ai colleghi di altre sezioni la nostra presa di posizione e il link all’articolo.
 
Segnaliamo infine che il GLOAI ha organizzato un Webinar dedicato all'argomento il 14 aprile 2021. In tale occasione dovrebbe essere possibile chiedere delucidazioni sui motivi che stanno alla base della scelta del gruppo di lavoro e quindi vi invitiamo a collegarvi all’evento come da e-mail di Michele Mozzetti del 25 marzo 2021. 
 
 
Cari saluti, 
 
Il comitato 
FTA sezione di Lugano
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Avatar di dbesomi
dbesomi ha risposto alla discussione #92 3 Anni 3 Settimane fa
Caro apicoltore curioso,

Grazie per le osservazioni e per le dotte citazioni che, purtroppo, non rispondono però all’obiezione principale che ho sollevato contro la rigida (e, mi si permetta, imprudente) posizione del SSA e GL OAI che riporti. È un’obiezione metodologica —che dunque va al cuore dell’argomento, invalidandolo, ed è pertanto ineludibile. Come non puoi applicare pari-pari a dei bambini le conclusioni di uno studio medico effettuato su dei sessantenni, non puoi neppure applicare a una situazione specifica—il momento dell’invasione della vespa—  dei risultati ottenuti per una situazione diversa: la ricerca citata nello studio di Monceau e Thiery fa parte appunto (come dice il titolo stesso dell’articolo di cui riporti un paragrafo) di un lavoro su 8 anni, nei quali la popolazione di vespe era già stabilita; non si trattava del primo nido, ma di una popolazione già estremamente densa, come mostra un’immagine tratta dall’articolo stesso: in 9 km quadrati erano presenti nidi in un numero regolarmente crescente, da 60 a 110 tra il 2010 e il 2014, corrispondenti a una densità di 7-9 nidi al km quadrato. Se leggi attentamente l’intero articolo e non solo il passaggio che hai riportato, vedrai in primo luogo che la ricerca è stata effettuata in condizioni ben diverse dalle nostre: in una zona urbana, vicino a un allevamento di ostriche e a un porto dove vengono smistate —in pratica, una fabbrica di cibo per vespe. In secondo luogo, il trappolaggio è stato effettuato un solo anno (l’ultimo della serie studiata, per cui non sappiamo cosa sia successo dopo), e solo in quello specifico territorio, non in quelli confinanti: eliminando 844 giovani regine (mediamente 10 da ciascun nido identificato), il trappolaggio ha creato spazio di nidificazione per regine immigrate dalle regioni limitrofe. Cosa sarebbe successo se (come è il caso da noi, per il momento) nelle regioni vicine non ci fossero state altre regine pronte a prendere il posto di quelle eliminate? Difficile trarre conclusioni che valgano per noi da un esperimento come questo.  Qual’è la differenza tra una popolazione così densa e una popolazione costituita da un solo nido? Le regine nuove che sopravvivono all’inverno (mediamente una trentina sulle 2-300 che nascono)  sono soggette a una pressione intensissima per trovare un territorio in uno spazio già interamente occupato, ed è dunque ovvio che dovranno lottare fra loro per conquistare i siti di nidificazione. Dove, al contrario, c’è un solo nido con un intero cantone a disposizione, le regine sono molto meno soggette a questa pressione. Ricordiamo che usurpare un nido (è questa la forma che prende la competizione) significa lottare alla morte con la regina che l’ha costruito (o l’ha usurpato in precedenza). Su due vespe, una sola sopravvive. Perché mai dovrebbero correre questo rischio quando possono farne a meno semplicemente allontanandosi qualche chilometro? (le V. velutine sono delle ottime volatrici: vedi [1]). In effetti in letteratura si trovano indicazioni (seppure relative ad altre vespe [2]) che la competizione decresce al diminuire dell’intensità di insediamento (vedi [3] e [4]). Ora: l’argomento della scarsa efficacia del trappolaggio si appoggia essenzialmente sull’interferenza nella lotta fra regine (lo si dice due volte nell’ultimo numero dell’Ape): ma se non c’è ragione per la quale le regine debbano lottare, l’intero argomento cade rovinosamente.
Quanto al secondo articolo a cui ti riferisci, purtroppo non hai letto attentamente la citazione che riporti: delle vittime innocenti del trappolaggio, due terzi sono riferite al periodo estivo e autunnale, non quello primaverile. Occorre poi vedere cosa viene catturato: uno studio altrettanto recente osserva quanto segue (scusa se mi permetto di tradurre in italiano, ma vorrei che vorrei che tutti gli apicoltori capissero):
"Tuttavia, come precedentemente suggerito [gli autori si riferiscono a un altro testo di Monceau e Thiery, la cui posizione è dunque meno monolitica di quanto la tua citazione farebbe credere], il numero approssimativo di insetti non bersaglio non è sufficiente per riconoscere gli effetti negativi sulla dinamica della popolazione. Per esempio, potrebbe essere importante capire, tra i gruppi di insetti non bersaglio maggiormente catturati (ditteri e formicidi) o tra un gruppo potenzialmente vulnerabile (Lepidotteri), quali specie sono state catturate, il loro stato di conservazione e la proporzione di insetti catturati rispetto alla dimensione della popolazione. Un esempio che evidenzia questa necessità è il fatto che molti Ditteri e Formicidi che sono stati catturati nei due siti di studio sono specie esotiche, come la drosofila dalle ali maculate (Drosophila suzukii) e la formica argentina (Linepithema humile). In questo caso, la cattura accidentale di specie esotiche non è un risultato negativo per la conservazione della biodiversità. Questo può rappresentare un aspetto complementare che dovrebbe essere preso in considerazione quando pianificare futuri esperimenti sulle prestazioni delle trappole” [5].

Certo, trappole non selettive usate in momenti e in condizioni non appropriati possono essere devastanti per la biodiversità. Per questo il suggerimento non è di trappolare alla cieca e con mezzi rudimentali e non selettivi, ma di usare le trappole selettive messe a punto in Francia, citate nel mio articolo. Se ti fossi preso la briga di seguire il link che avevo indicato (www.jabeprode.fr/), avresti visto che a differenza delle trappole ad annegamento che sno usate in tutti gli esperimenti che hanno portato a molti insetti catturati impropriamente dalle trappole, questa è una trappola a secco, dalla quale dunque gli insetti più piccoli della velutina possono uscire mentre quelli più grandi, come i nostri calabroni, non possono nemmeno entrare. Prima di parlare di stragi degli innocenti, bisognerebbe dunque testare questa trappola —cosa che, sospetto, non avete fatto.

Come osservi giustamente, la questione non trova il consenso dei ricercatori. Questa osservazione, però, mal si concilia con la posizione dogmatica e chiusa del SSA. Se la scienza è aperta a diverse conclusioni, perché incaponirsi su una sola, peraltro non convalidata da nessun dato relativo a zone di invasione recente? In queste condizioni, è meglio affidarsi al principio di precauzione, e fare un tentativo di ridurre il danno, finché i benefici (in termini di riduzione di nidi di vespe) possono ancora essere maggiori del costo (in termini di biodiversità).

Se c’è una cosa su cui invece il parere degli esperti è pressoché unanime è la necessità di sorvegliare strettamente l’espansione della vespa, in modo da poter intervenire al più presto. Certo, osservare gli apiari nel raggio di una trentina di km da Ludiano è indispensabile. Ma lì la vespa si vedrà solo a luglio, quando qualcuna delle nuove regine sarà già migrata in altre postazioni e avrà costruito il nido secondario con centinaia di vespe affamate e bene organizzate. Per poter seguire prima i suoi movimenti, sono indispensabili delle trappole, e la sorveglianza attiva del territorio da parte non solo degli apicoltori ma anche dei cittadini. E qui è completamente incomprensibile il rifiuto di condurre un monitoraggio attivo. L’articoletto sull’Ape, nel quale si dice che il monitoraggio sarà ripetuto “se necessario” nel 2021, lascia intendere un fraintendimento del senso di un monitoraggio: è il monitoraggio che stabilisce se e dove sia necessario intervenire, mentre se si attende che sia l’evidenza della presenza della vespa a suggerire a posteriori di monitorare per vedere dov’è finita si sarà già irrimediabilmente in ritardo. 

 NOTE: 

[1] D. Sauvard ,V. Imbault e É. Darrouzet, Flight capacities of yellow-legged hornet (Vespa velutina nigrithorax, Hymenoptera: Vespidae) workers from an invasive population in Europe, PLoS ONE 13(6): e0198597, doi.org/10.1371/journal.pone.0198597 

[2] così come è relativo ad altre specie di vespe il riferimento alla Nuova Zelanda dell’articolo che hai citato citato 

[3] G. J. Gambos, Intraspecific Defense: Advantage of Social Cooperation Among Paper Wasp Foundresses, Science, Mar. 31, 1978, New Series, Vol. 199, No. 4336, pp. 1463-1465. 

[4] J. F. MacDonald e  R. W. Matthews, Nesting Biology of the Eastern Yellowjacket, Vespula maculifrons (Hymenoptera: Vespidae), Journal of the Kansas Entomological Society, 54:3, Jul., 1981, pp. 433-457 

[5] S. Lioy e altri, Effectiveness and Selectiveness of Traps and Baits for Catching the Invasive Hornet Vespa velutina, Insects 2020, 11, 706; doi:10.3390/insects11100706; p. 706
Michele ha risposto alla discussione #91 3 Anni 3 Settimane fa
Ho letto con interesse il vostro articolo.
Il tema del trappolaggio primaverile fa discutere e non ritrova d'accordo nemmeno gli specialisti in materia.
Non sono né entomologo, né biologo né ricercatore ma un modesto apicoltore curioso.
Stimolato dai vostri articoli e dalle vostre considerazioni/conclusioni mi sono messo a ricercare articoli scientifici sul tema del trappolaggio primaverile ed ho trovato questo interessante articolo:
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Monceau, Karine & Thiery, Denis. (2017). Vespa velutina nest distribution at a local scale: An eight-year survey of the invasive honeybee predator. Insect Science. 24. 663-674. 10.1111/1744-7917.12331.
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Questo articolo riporta i risultati di uno studio che ha fra l'altro testato l'effetto delle trappole primaverili di V. velutina sulla distribuzione dei nidi nel 2014, che è stato l'anno con il maggior numero di colonie nella zona presa in considerazione; la posizione delle trappole non ha influenzato la distribuzione dei nidi. Per la prima volta, questo studio ha dimostrato che l'intrappolamento primaverile della vespa regina era inefficiente come metodo per limitare la distribuzione della popolazione di V. velutina.
Si legge infatti a pag. 671:

"Relation between spring queen trapping and nest distribution The trapping of spring queens is most likely one of the most popular methods to manage wasp populations. Moreover, this method was thought to be the most useful because foundresses are the most vulnerable during
colony initiation (Spradbery, 1973). However, whether spring queen trapping achieves control is questionable.For example, spring queen trapping was promoted in the 1940s in New Zealand to eradicate Vespula germanica,and although more than 100 000 queens were trapped in 1948, no significant decrease in the population was observed the next year (Thomas, 1960). In France, because of the simplicity of the method (see Monceau et al., 2012), beekeeper unions and local authorities have promoted spring queen trapping to fight against V. velutina.
However, the capture yields are typically low, and several studies strongly indicate an effect on global entomofauna (Dauphin & Thomas, 2009; Haxaire & Villemant, 2010; Monceau et al., 2012). To date, no experimental data have been produced to justify the use of this trapping method. In 2014 in Andernos, more than 800 V. velutina foundresses were trapped, but in that year, the highest number of nests was counted since the first appearance of the invader. As suggested by Archer and Halstead (2014) in a similar study, however, the V. velutina foundresses might have invaded this area from adjacent locations that were not managed with spring queen trapping. Nevertheless, if the trapping was efficient, one would expect that the traps would act against nest construction, and a clear link between the trap locations and the spatial distribution of the nests would be observed. Instead, the distributions of the traps and the nests were clearly independent from one another. Collectively, these results showed that spring queen trapping was inefficient as a method to manage the populations of V. velutina."

Sul tema correlato delle esche per V. Velutina ho invece trovato il seguente articolo:
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Quentin Rome, Adrien Perrard, Franck Muller, Colin Fontaine, Adrien Quilès, Dario Zuccon & Claire Villemant (2021) Not just honeybees: predatory habits of Vespa velutina (Hymenoptera: Vespidae) in France, Annales de la Société entomologique de France (N.S.), 57:1, 1-11, DOI: 10.1080/00379271.2020.1867005
International Journal of Entomology
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che mette in discussione l'impiego delle trappole, che sembrano essere una minaccia maggiore per la biodiversità degli insetti rispetto alla predazione di V. velutina.
Nella discussione finale si legge infatti:

"Since its introduction in Europe, the development of methods to control V. velutina without scientific evaluation is thriving; they range from poison baiting to rifle shooting on nests (Turchi & Derijard 2018). The most widely used method is sugar-beer trapping although less than 1% of the total catches are hornets and composed a wide diversity of other insects (Dauphin & Thomas 2009; Demichelis et al. 2014; Rojas-Nossa et al. 2018). A one litre trap would catch
8 Q. Rome et al.
around 30,000 non targeted insects, and around 20,000 if they are placed after June and in the vicinity of beehives (Rome et al. 2011a). Although biomass was not estimated, and most of the caught insects were of small sizes (see the regularly updated list for French territories: https://inpn. mnhn.fr/espece/jeudonnees/22213), four to six small traps would catch as many insects as a V. velutina colony could prey. Control methods thus seem to be a greater threat to insect biodiversity than V. velutina predation. The effectiveness of most of these methods has not been demonstrated so far (Edwards 1980; Beggs et al. 2011; Monceau et al. 2012; Turchi & Derijard 2018), so that their impact on biodiversity probably adds up to that of V. velutina. The hornet is mostly present in degraded environments, while natural ones are mostly unsuitable (Fournier et al. 2017), suggesting that its impact on rare species is probably low. Instead of using trapping methods that negatively affect wild population of insects, it would be better to try to control the invasive hornet, whose eradication is illusory, by using only scientifically validated methods and developing protective or repulsing strategies to reduce its impact on beekeeping."

Alla luce di questi dati, non mi sento di seguire la linea raccomandata dalla Sezione di Lugano ma piuttosto quella di vigilare davanti al mio apiario… secondo le raccomandazioni del SSA e del GL OAI...
Sarà tuttavia interessante seguire il webinar del 14.4. che potrebbe fornirci ulteriori delucidazioni in merito.